Bellezza e L’inno alla gioia, due serate per chiudere il 2009.
“Mai una singola opera di un grande musicista ha suscitato tanta emozione nel mondo come la Nona Sinfonia di Beethoven: non soltanto fra i contemporanei, ma anche fra i posteri. Come i contemporanei oscillavano fra ammirazione estatica e rifiuto critico misto a timore, così neppure oggi il mondo è unanime nell’impressione e nel giudizio.”
Così scriveva Walter Riezler in Beethoven, monografia di base del 1936, sulla quale si è formata gran parte del pensiero musicale del novecento.
Mario Brunello ha scelto di “sonorizzare” il capitolo dedicato alla Nona Sinfonia, attraverso registrazioni ed esempi dal vivo, la lettura di uno dei testi più appassionanti, emozionanti e profondi mai scritti sulla Nona Sinfonia di Beethoven, per cercare di avvicinarsi, attraverso la visione di un musicista, da una parte agli elementi biografici ed extramusicali, dall’altra alle caratteristiche compositive, orchestrali e tecniche della sinfonia.
Alessandro Baricco sarà in antiruggine per raccontare e far vedere il suo film, Lezione ventuno.
Alessandro Baricco, al suo debutto cinematografico, si interroga sugli “oggetti” artistici sopravvalutati, sulla ricezione musicale, su come nacque la Nona Sinfonia, e cosa successe la sera che per la prima volta Beethoven la presentò al pubblico viennese.
Attraverso una lezione indimenticabile del geniale professor Mondrian Kilroy, il film diventa un viaggio fantastico nel passato e riflessione sapiente sulla vecchiaia, sull’amore e sulla bellezza.
Ma se quel monumento sinfonico, insediato definitivamente al centro degli affetti del pubblico di ogni luogo e di ogni epoca e oggetto nel Novecento di una serie innumerevole di registrazioni, non fosse altro che l’opera di un vecchio compositore incapace di “sentire” ancora la bellezza o anche soltanto di intuirla?
Se quel complesso mondo espressivo carico degli accenti più diversi non fosse riuscito a
interessare sinceramente gli spettatori del 7 maggio del 1824?
Se l’ultimo istante di bellezza della musica di Beethoven non risiedesse nel movimento gioioso e conclusivo della Nona ma altrove?
Magari in quegli ultimi quartetti per archi, impegni onorati dal compositore prima del sopraggiungere della morte?