Yiddish, deve parlare yiddish il tuo violino se vuoi che ci racconti la vita.
E’ dalle parole della mia nonna che ho iniziato a comprendere questa musica del luogo dove sono nato, la splendida, antica città di Kiev.
Cantava spesso, per me, innumerevoli vecchie melodie, con o senza parole.
La sua voce acuta e un po’ tremolante evocava la storia di un mondo sparito per sempre…
Lo yiddish, questa strana lingua comica e al contempo triste, una mistura di tedesco antico, slavo ed ebraico, l’avevo sempre sentita in casa mia da quando sono nato.
Entro i confini angusti dell’unica stanza che ci apparteneva nel grande appartamento sovietico dove vivevamo, la sentivo parlare alle riunioni dei pochi membri della nostra famiglia, una volta numerosa, sopravvissuti all’ultima guerra.
E così, dopo i blintzes e il gefilte fish della mia nonna, il piccolo Igor, doveva mettersi a suonare per tutti le melodie di quel mondo perduto.
Una musica un pò comica e un pò triste, proprio come la lingua che parlavano, e che riportava alla mente Kalinindorf, il loro shtetl distrutto, nel mezzo delle steppe del sud.
Igor Polesitsky e Francesco Furlanich, tra emozionanti suoni di violino e fisarmonica, ci faranno rivivere antiche e lontane tradizioni, ma che si intrecceranno con la festa di uno strano carnevale.